La crociata portata avanti da Greenpeace per salvare il panda gigante cinese dall’estinzione si è conclusa con la decisione di garantire l’incolumità alle foreste di Sichuan, elette patrimonio dell’Unesco

Per fortuna a volte le grandi battaglie per la tutela del patrimonio naturale hanno un lieto fine. Finalmente si vedono i primi risultati concreti, dopo i numerosi appelli lanciati da Greenpeace e da altre associazioni ecologiste per la salvaguardare il panda gigante cinese, ormai divenuto simbolo di tutte le specie animali a rischio di estinzione a causa dei cambiamenti climatici e dell’incuria dell’uomo verso l’ecosistema. La Cina stabilisce quindi un sistema normativo volto a preservare il panda gigante e il suo habitat, salvaguardando la zona delle foreste di Sichuan. In particolare l’Ufficio delle Foreste del Sichuan ha aperto 15 indagini giudiziarie e otto procedimenti amministrativi nei confronti di 22 funzionari pubblici.

Uno a zero per Greenpeace

Un primo punto importante è stato segnato a favore degli ambientalisti, ottenendo la tutela e la sorveglianza delle foreste del Sichuan. Ora Greenpeace mira all’attuazione di una nuova legislazione che impedisca al governo cinese l’opera di deforestazione in atto e la sostituzione di aree incontaminate con piantagioni destinate all’industria alimentare.

“Grazie alle nostre indagini, abbiamo ottenuto la protezione di foreste che sono vitali per il panda”, ha detto Yi Lan, che segue la campagna foreste di Greenpeace in Asia orientale. E ha aggiunto: “È un segnale positivo che dovrebbe costituire un primo passo per una riforma a base nazionale: un terzo delle foreste cinesi è infatti a rischio a causa di una falla nel sistema normativo”.

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