A lezioni di futuro con la scuola di Bishop

Insegnare il futuro a scuola per produrre un vero cambiamento. «La scuola ci insegna a trovare la risposta giusta, ma il futuro prevede risposte alternative»

Una scuola “future oriented” è quella disegnata dal futurologo Peter Bishop, fondatore di Teach the Future nella sua lezione al Future Forum di Udine e Napoli.

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In un mondo complesso e “piatto” come quello del XXI secolo, immaginare il futuro non è più sufficiente: bisogna prima di tutto imparare a immaginarlo. Ma come? Il crescente tasso di cambiamento nella società di oggi impone che studenti ed educatori abbiano dimestichezza con strumenti e tecniche previsionali. Conoscere il passato non basta più. Solo studiando il futuro si può influenzarlo e piegarlo alle proprie esigenze.

Perché le visioni di oggi cambiano il domani. Inserire i big data nella scuola significa cambiare il modello di insegnamento, adattandolo alle esigenze vere di apprendimento degli studenti. Il monitoraggio dei risultati e delle performance degli studenti offre l’opportunità di ottimizzare l’insegnamento in aula.

Peter Bishop, il cambiamento inizia a scuola

Quattro semplici domande

Peter Bishop invita a scegliete un argomento e a fare agli studenti quattro semplici domande.

«Che cosa sta succedendo oggi in questa materia? Che cosa pensate succederà? Che cosa potrebbe succedere invece? E infine “Che cosa vorreste veder succedere»?

Dando una risposta a questi interrogativi – assicura Bishop – avremo già posto le basi fondamentali per introdurre “il futuro” tra gli insegnamenti curricolari.

Ma se stiamo certamente andando verso il futuro, stiamo insegnando il futuro ai nostri ragazzi? La risposta di Bishop è chiara e senza appello, perché la colpa di formare generazioni intere destinate a non trovare lavoro, ricade tutta sulla scuola e il sistema della formazione. «Credo che stiamo preparando i giovani per delle professionalità che ci sono oggi, ma nessuno di noi sa se ci saranno domani». Per questo – ha spiegato Bishop – «dobbiamo essere più attenti a ogni segnale di cambiamento, ma contemporaneamente non possiamo permetterci di aspettare». Bishop ha evidenziato l’importanza di conoscere la storia e portare avanti la tradizione e ha individuato nelle Chiese, nei Governi e nelle Scuole le istituzioni più “conservative”.

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«Intendiamoci: è giusto e utilissimo che un sistema di informazioni e valori venga tramandato, ma il problema è l’eccesso di conservazione. I guardiani della tradizione ci servono, ma davvero sono troppo bravi in questo ruolo. Questo pregiudica l’accoglienza anche dei piccoli cambiamenti».

Perché invece non insegniamo il futuro?

«Abbiamo un problema culturale» – ha detto Bishop. «A scuola si cerca sempre la risposta giusta, ma il futuro non lo è, è una risposta multipla, per questo per noi è difficile vedere il cambiamento come un’opportunità e lo concepiamo piuttosto come un’angoscia o una perdita. Non dovrebbe essere questo il modo di condurre il sistema scolastico». Bisognerebbe invece che ci insegnassero ad avere a che fare col futuro e a capire come influenzarlo. «Invece non esiste ancora nessun curriculum scolastico che richieda agli insegnanti di formare al futuro. Spesso gli insegnati non hanno tempo nemmeno di concludere il programma curriculare, incentrato sul passato». Ma qui sta l’errore, secondo Bishop. «Il futuro non deve essere una nuova materia aggiuntiva, ma deve essere un modo di insegnare, integrato nelle altre materie.

Il metodo per insegnare il futuro

Insegnare il futuro non richiede tempo extra, ma richiede nuove modalità di approccio alle materie». Da qui il “gioco” delle quattro domande fondamentali. «La prima, per capire il presente attraverso il passato. La seconda (che cosa pensate accadrà) porta a conoscere un primo futuro, quello “atteso”, quello che è possibile accada se tutto procede come ora. Ma il futuro più probabile è quello che accadrà meno probabilmente e infatti i futurologi insegnano a non accettare un futuro solo, perché è irrealistico,  ma invece prospettano tutte le possibilità. Ecco allora il futuro (o i futuri) alternativo (alternativi), che cambiano in base alle casualità e che vanno tenuti in considerazione in un’analisi compiuta. L’ultima domanda è invece quella che porta al futuro “preferibile”.

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In questo caso, dovremo imparare a mettere in campo una serie di azioni affinché ci si possa avvicinare a questo scenario migliore. Questo è l’inizio di un metodo. È l’inizio di un percorso verso il futuro che ognuno di noi, nel suo campo, può influenzare».

Peter Bishop: Futurologo, è professore associato di Strategic Foresight e direttore del corso di laurea in Futures Studies presso l’Università di Houston e membro del Center for Houston’s Future. Specializzato nelle tecniche di previsione a lungo termine e pianificazione, ha pubblicato, con Andy Hines, Thinking about the Future: Guidelines for Strategic Foresight (2007) e Teaching about the Future: The Basics of Foresight Education (2012). È consulente sugli scenari futuri per imprese, enti pubblici e associazioni non-profit. Ha fondato l’organizzazione Teach the Future.