Lo ha affermato il premier cinese Li Keqiang durante un incontro con la stampa a conclusione della seconda sessione del 13° Congresso nazionale del popolo
“Il governo cinese non ha chiesto e non chiederà alle compagnie nazionali di spiare altri paesi” – ha detto il premier di Pechino Li Keqiang – questo tipo di azione non è coerente con la legge nazionale e non è il modo in cui la Cina si comporta”. Le parole sono arrivate nel corso di una conferenza stampa in calce alla sessione annuale della legislatura nazionale cinese. La dichiarazione arriva in un momento fondamentale per il paese, sopratutto nel merito degli investimenti esteri. La Cina sta seriamente affrontando le preoccupazioni degli investitori stranieri, che non vogliono rischiare di interporsi tra il proprio business e le esigenze di Washington, che tende ad allontanare l’occidente dall’oriente, almeno da quello del dragone rosso.
Cosa succede
Non a caso, il premier è dovuto intervenire per rilanciare il passaggio di una legge indirizzata proprio alle compagnie che lavorano nel campo hi-tech. Dal 1 gennaio 2020, verrà vietato il trasferimento forzato di tecnologia e le “interferenze” illegali da parte del governo nelle pratiche commerciali straniere. Una buona notizia, se non fosse che ciò significa che fino ad oggi tutto ciò è stato possibile.
Alla conferenza annuale, Li non ha risposto direttamente alle domande sul fatto che le revisioni della legge fossero in risposta alle richieste degli Stati Uniti per un migliore accesso al mercato ma si è limitato con il rassicurare che il governo proteggerà gli interessi degli investitori come mai prima d’ora. Ad avvantaggiarsene potrebbe essere Huawei, la compagnia che più di altre ha sofferto l’interdizione degli States nei confronti dei progetti sia in ambito consumer che di reti e infrastrutture 5G.
